Serafino Beconi

16/10/2008 23:27

Ci sono artisti che attraversano il proprio tempo sempre inadatti a questo. Stanno lontani dai suoi clamori; lo vivono quasi ignorandolo, spesso (quasi sempre) rincorrendolo attraverso bagagli d'immagini del passato; a volte, e raramente, anticipandolo. Serafino Beconi ha partecipato di entrambe queste due anime. Non è stato un inventore o un precursore, nel senso proprio che questo termine serve a connotare l'opera di un artista. I suoi bagagli artistici, ampi e profondi, ricapitolavano un secolo di pittura, non ne aprivano o anticipavano un altro. Eppure mai abbiamo avuto l'impressione, davanti ai suoi quadri ed alla sua opera che il suo linguaggio additasse qualcosa che più non era: i valori e gli stemmi di un mondo scomparso e riproponibile solo nella tavolozza e negli stilemi di una qualche provincia.
Non parlo delle scene o delle forme rappresentate quanto dell'animo che a quelle si accosta: non è il soggetto a determinare la vitalità di una tela, quanto il cuore, il pulsare di una nuova luce, che quello circonda e accende.

 

L'eccidio di S. Anna, che Beconi compose principalmente dal 1959 al 1964 - anche se già a partire dal 1951 aveva composto alcuni disegni ispirati dalla cronaca di quei fatti - è un voluminoso ciclo pittorico tratto dalla luttuosa pagina che nel paesino versiliese di S. Anna, situato nel comune di Stazzema, si scrisse il giorno 12 agosto 1944 quando truppe naziste perpetrarono, per pura rappresaglia, una strage di 560 civili, tra cui donne e bambini.
Questo di Beconi è uno degli episodi più alti della pittura figurativa italiana del XX secolo. Ancora ignorato dalla storiografia ufficiale ripercorre, attraverso diverse scene o quadri, i momenti di quella tragica giornata, culminata nel rogo delle vittime. L'eccezionalità dell'opera di Beconi è di aver ricomposto tanta emozione - sortita nell'uomo - in pure forme pittoriche; eternando cioè quei fatti in un universo estraneo al tempo e alle sue leggi. Anche ai suoi dolori se vogliamo, in quanto la pittura è anche questo, ma proteggendo la storia dal degrado, dal trascorrere della memoria, e in ultimo dalla dimenticanza.
Allontanarle dal dolore ma non dall'emozione: come una "crocifissione" un "martirio" ci ricordano non già il dolore dell'uomo sottoposto a quei tormenti, ma attraverso lo stupore e l'incanto degli strumenti pittorici - forme e colori - suggellano in una emozione estetica i fatti narrati, dando nuova vita - forse eterna? - e ruolo a ciò che è stato, facendone parte ancora attiva del destino dell'uomo e del suo cammino.
Così è di quest'opera dell'artista versiliese: il dolore della tragedia che attraverso la sua arte sa farsi luce e presenza, compagna e ammonimento nel cammino verso il tempo - così crediamo - delle Civiltà

I disegni di Serafino

di Manlio Cancogni

Nessuna delle arti figurative è difficile come l'arte del disegno. Ingres diceva che essa rivela la probità dell'artista. E' vero. Con la pittura e la scultura si riesce a barare (e quanti l'hanno fatto specie nel nostro secolo); col disegno no. Pittura e scultura alla meno peggio si arriva ad...

Brevi note

Serafino Beconi nasce a Torre del Lago nel 1925. Nel 1945 si diploma maestro. Nel 1954 entra a far parte del Centro versiliese delle arti con Marcucci, Santini, Catarsini, Pardini e altri. Partecipa a varie collettive e tiene molte mostre personali. E' del 1964 la mostra in cui espone per la prima...